I limiti della video sorveglianza

I più recenti episodi di cronaca dimostrano le evidenti necessità di sistemi video in ambito di attività commerciali, lotta al crimine, applicazioni di sicurezza civili e militari. Sebbene le telecamere di sistemi di Videosorveglianza siano già presenti in banche, aeroporti, negozi, parcheggi, ecc…, i relativi dati video sono attualmente utilizzati solo per analizzare fatti già accaduti, perdendo cosi il beneficio primario di un intervento in tempo reale.

E laddove esistono punti di raccolta delle immagini attraverso un nutrito numero di monitor, gli stessi raramente possono essere davvero utili, soprattutto per un fattore umano, cioè quello del calo fisiologico di attenzione, dopo poco, da parte degli operatori interessati. Occorre, per dare una reale e corretta valenza al termine di sicurezza, un monitoraggio video continuo in grado di poter immediatamente e autonomamente trasmettere allarmi verso le forze dell'ordine o altri addetti alla sicurezza, di un atto delittuoso in corso e/o di un evento sospetto, in modo da ridurre il tempo d'intervento e quindi prevenire il crimine.

Tutto ciò non è prerogativa della videosorveglianza, anzi, l’utilizzo smodato delle telecamere relative pone seri interrogativi sia per la libertà individuale sia per il vero raggiungimento della sicurezza.  Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un sempre più esteso utilizzo di nuove tecnologie di  controllo  sia  all’interno  dello  spazio  pubblico  sia  nell’ambito  del  settore  privato.

Il notevole  incremento  del  numero  di  telecamere  con  fini  esclusivamente di deterrenza  e  l’utilizzo  di sofisticati  dispositivi  biometrici  rappresentano  la  risposta  più  evidente  al  bisogno  di sicurezza nel mondo post  11 settembre.

Sarebbe tuttavia  fuorviante  considerare  l’attacco terroristico  del  2001  come  l’evento  scatenante  che  ha  aperto  la  strada  ai  mezzi  di sorveglianza.  Va infatti  ricordato  che  gli  apparati  tecnologici  di  controllo  sono  stati massicciamente utilizzati per scopi  militari  durante  tutto l’arco del XX secolo. Piuttosto, la novità sembra  risiedere  nell’inserimento  delle  nuove  tecnologie  di  sicurezza  all’interno della  vita  quotidiana.

Le  minacce  del  terrorismo  internazionale  hanno  da  un  parte amplificato la domanda di sicurezza dei cittadini,  dall’altra spinto i le istituzioni ad attuare una  serie  di  politiche  basate  anche  sulle  potenzialità  offerte  dai  dispositivi  tecnologici.

Come  afferma  David  Lyon,  “dopo  l’11  settembre,  non  solo  chiunque  è  un  potenziale sospetto,  ma  chiunque  è  una  potenziale  spia”.  Lyon  aggiunge  inoltre  che  il miglioramento  della  sorveglianza  elettronica  è  passato  attraverso  4  metodi  principali strettamente correlati tra loro:

1.  La biometria,

2.  Le smart cards,

3.  Le intercettazioni,

4.  La videosorveglianza,

5.  La computer vision, intelligenza artificiale, ovvero la VideoSicurezza.

BIOMETRIA

Consiste  nella  misurazione  di  variabili  fisiologiche,  come  l’impronta  dell’iride  o alcuni  tratti  del  volto,  con  fini  identificativi.  Le  tecniche  biometriche  di  identificazione possono  essere  applicate  sia  al  controllo  dell'accesso  a  luoghi  ed  informazioni,  sia all'autenticazione di informazioni e sono talvolta associate alle telecamere a circuito chiuso e alle smart cards.

SMART CARDS

Sono delle carte di credito dotate di un microchip interno la cui tecnologia è ora utilizzata anche per scopi non economici come le carte d’identità e i passaporti digitali. Un esempio di smart card associata alla carta  di identità è  la nuova  ID britannica  proposta  dal  primo  ministro  inglese  Tony  Blair  nel  febbraio  del  2006.

L’idea consiste  nell’inserire  una  copia  dell’impronta  digitale  e  della  retina  del  possessore all’interno  dell’ID.  Se  allo  stato  attuale  le  nuove  carte  di  identità  inglesi  non  esistono ancora,  alcuni  governi,  come  quello  peruviano,  hanno  già  provveduto  a  incorporare  un chip per il riconoscimento facciale all’interno delle cards dei cittadini.

INTERCETTAZIONI

Le  intercettazioni  telefoniche  e,  più  in  generale,  le  forme  di sorveglianza  all’interno  del  World  Wide  Web  basti  pensare  al  cosiddetto  “pacchetto sicurezza”  approvato  l’anno  scorso  in  Italia  che  prevede,  tra  le  altre    misure,  la  non cancellazione  dei  dati relativi  al traffico telefonico e  telematico  fino  al  31  dicembre  2007.

 Le informazioni da conservare riguardano i dati anagrafici dei clienti e i log files dei server che contengono i dati del traffico.

VIDEOSORVEGLIANZA

E’ tra le misure  la  più  facilmente  utilizzabile,  sia  per  questioni  economiche  sia  per  relativa facilità con la quale è possibile gestire e migliorare l’apparato tecnologico implicati. Le telecamere si prestano più di altri mezzi a essere implementati come numero e  rappresentano  una  delle  tecnologie  di  sicurezza maggiormente utilizzate. Come sostengono Norris, McCahill e Wood, la videosorveglianza è diventata una vera e propria tendenza a livello internazionale (2005).

A questo proposito, sebbene la bene la  Gran  Bretagna detenga il primato  europeo  in  quanto  a estensione e investimento  pubblico,  non  va  dimenticato  che  la  videosorveglianza  è  oramai  utilizzata ampiamente in quasi tutti  i  paesi del mondo.  In America, per  esempio,  la  diffusione delle telecamere ha seguito lo stesso trend europeo: dall’impiego nel settore privato i dispositivi di  controllo  sono  gradualmente  arrivati  anche  nello  spazio  pubblico,  soprattutto  dopo  gli attacchi  terroristici del  11  settembre  2001.

Fino  a  quel momento, infatti,  soltanto  25  città americane erano  dotate di sistemi di videosorveglianza  per  monitorare  le  aree pubbliche (Nieto:  2002).  Dopo  l’11  settembre  le  telecamere  diventano  uno  dei  mezzi  utilizzati  per prevenire  eventuali  altri  attacchi.  Un  esempio  su  tutti  è  la  città  di  Chicago  nella  quale  è stato  da  poco  annunciato  che  saranno    installati  più  di  2000  occhi  elettronici  in  luoghi pubblici  (Hunter:  2004).

Anche  altri  paesi  la  videosorveglianza  gode  di  un  sempre  più ampio seguito: Wilson e Sutton (2003) ci hanno messo al corrente di alcuni dati inerenti la situazione  australiana  e  neozelandese. Mentre  nel  1996  le  telecamere  erano  utilizzate soltanto in 13 città australiane, nel 2002 il numero è salito a 33; in Nuova Zelanda, invece, già 9 città sono dotate di sistemi di questo tipo.

Va inoltre aggiunto che paesi quali la Cina stanno  investendo  notevoli  energie  e  risorse  economiche  per  approntare  “a  nationwide digital  surveillance  network,  linking  national,  regional  and  local  security  agencies  with  a panoptic  web  of  surveillance”  (Walton,  2001  cit.  in  Norris  et.al,  2005:  116).

In  Iran  la videosorveglianza  è  particolarmente  utilizzata  nella  città  di  Teheran  e  anche  in  India, nonostante le telecamere non abbiano un posto di rilievo nei piani di sicurezza nazionale,  il  mezzo  di  controllo  è  diffuso  all’entrata  delle  scuole  e  nei  pressi  di  grandi  magazzini

(Times of India: 2002).

Anche in Italia il dispositivo in questione è molto diffuso. Come si legge nella Relazione del 2002 del  Garante  della  Privac y,  le  finalità  che  si  intendono  raggiungere  attraverso l’installazione  della  videosorveglianza  sono  molteplici:

  • Deterrenza per reati,  illeciti amministrativi e rilevazione di infrazioni del codice della strada, al monitoraggio del traffico;
  • Controllo  degli  accessi agli  edifici pubblici  e  privati  alla tutela del patrimonio  artistico;
  • Indagini giudiziarie nell’ambito della sicurezza  pubblica  e del controllo  delle  zone  utilizzate  come  discariche  abusive.

L’indagine recentemente condotta  nella  città  di  Milano  ha  evidenziato  una  generale accettazione  degli  occhi  elettronici  da  parte  dei  cittadini  ma  ha  anche  sollevato alcuni dubbi riguardanti la tensione  tra il bisogno di sicurezza (ricordiamo che la videosorveglianza è solo un elemento passivo) e il diritto alla riservatezza.

Se da una parte il binomio sicurezza - nuove  tecnologie sembra  essere un punto  di  forza delle politiche  nazionali  ed  internazionali  al  quale  non  è  possibile  rinunciare,  dall’altra  occorre riflettere  sulle  potenziali  ricadute  sociali  dei  mezzi  utilizzati, anche in relazione ai risultati ottenibili con un mezzo che non ferma l’evento a rischio o delittuoso. 

Nel  caso  della videosorveglianza, per  esempio,  viene  di  rado  presa  in  considerazione  la  dimensione sociale  consistente  nel  monitoraggio  di  flussi  di  persone  da  parte  di  operatori  alla sicurezza  i  quali,  soffermandosi  su  categorie  generalmente  associate  a  comportamenti devianti,  favoriscono – anche  se  inconsciamente - processi di  stigmatizzazione.

I  dati raccolti, oltre  ad  essere  trasferibili  ad  altri  data  base,  sono  anche  di  tipo  visuale,  e  le immagini sono  di  per sé rivelatrici di tratti ascritti quali l’etnia o  il genere.  Non si tratta di profili senza volto, come quelli che si possono ottenere tracciando i navigatori della rete, al contrario le telecamere identificano in modo preciso associando una qualsiasi immagine al genere, alla razza, all’età e,  potenzialmente a un nome.

La videosorveglianza è dunque solo un controllo invasivo e penetrante della vita sociale di tutti, senza in alcun modo soddisfare il concetto reale di sicurezza, che si realizza solo con sistemi di prevenzione. Alla luce di quanto detto, occorre riflettere attentamente sui vantaggi e sui rischi connessi alle tecnologie di controllo in modo da evitare analisi semplicistiche che non tengono conto della  complessità  dell’ambito  preso  in  esame  in  questa  sede.

VIDEOSICUREZZA

Gli aspetti sociali, legali, criminologici e immediatamente repressivi sono oggetto di approfondimenti nella sezione “VideoSicurezza” del sito www.arkvision.it  

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